Fast fashion e ambiente: al passo con il verde

Categoria: News sostenibili
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Fast fashion e cambiamento climatico sono termini molto presenti nel nostro quotidiano. Ma perché se ne sente tanto parlare? Perché è così importante sapere in cosa consistono e quali sono i loro effetti? Scopriamolo insieme.

La fast fashion è un settore della moda, che realizza grandi quantità di abiti a prezzi ridotti con lo scopo di soddisfare le esigenze “modaiole” del momento.

Per realizzare le proprie produzioni sotto costo, le compagnie decidono di delocalizzarsi in Paesi nei quali la manodopera ha un costo molto più basso rispetto al mercato internazionale e i diritti dell’ambiente e dei lavoratori sono meno tutelati.

Il termine viene usato per la prima volta sul New York Times nel 1989, quando Zara sostituisce la vecchia collezione con una nuova in soli 15 giorni.

La clientela che vuole raggiungere la fast fashion è composta da giovani consumatori, prevalentemente donne, che si collocano in una fascia di reddito medio/basso, che vogliono essere alla moda e spendere poco.

La tendenza è quindi quella di acquistare vestiti e, una volta che questi sono andati fuori moda, di “cestinarli”, senza sentirsi in colpa per aver speso soldi inutilmente.

Le conseguenze della fast fashion sono soprattutto ambientali, legate all’inquinamento e all’emissione di gas-serra. Gli esperti hanno stimato che il 20% dell’inquinamento è causato dal trattamento e dalla tintura dei tessuti.

Inoltre, l’industria della moda è tra le più energivore al Mondo: consuma tantissimo e utilizza molto poco le fonti rinnovabili.

Questi effetti deleteri sull’ambiente sono direttamente collegati al cambiamento climatico, ormai tristemente noto, per le devastazioni in termini di tutela della biodiversità e lo scioglimento di ghiacci perenni e calotte polari, oltre che per le influenze negative sulle produzioni agroalimentari e dunque sulla salute umana.

La fast fashion, unita a sconsiderati comportamenti consumistici, è diventata una delle principali cause di danno ambientale al mondo.

 

Esiste un modo per cambiare rotta: passare dalla fast fashion alla circular fashion, sensibilizzando i consumatori anche più attenti alla moda e indirizzandoli verso acquisti più etici e sostenibili.

Anna Brismar, famosa blogger della sostenibilità, definisce nel 2014 la circular fashion come “moda responsabile e duratura nel tempo”: una rivoluzione del settore della moda, che si è già innescata e deve essere promossa e sostenuta dai principali brand e aziende del settore, a tutti i livelli.

Coop Cartiera è un esempio di circular fashionche fa bene all’ambiente e alle persone, a partire dai lavoratori. Utilizzando scarti delle pelletterie di imprese e brand acclamati del Made in Italy, crea nuove borse a impatto zero. Grazie all’accoglienza di giovani immigrati e rifugiati politici, poi, anche il lavoro degli essere umani acquista maggiore valore, diventa circolare e rigenerativo di vite, che diversamente sarebbero state spezzate.

La circolarità della moda deve diventare una buona pratica quotidiana, un ritorno al concetto che “le mode tornano sempre”, come dicevano le nostre sagge nonne e bisnonne! Chi non ha mai indossato la gonna rivisitata anni ‘70 o la giacca con le spalline gonfie degli anni ‘80?

Scegliamo insieme di difendere i diritti umani e dell’ambiente: ci sentiremo meglio e alla moda.

 

Gli autori dell’articolo sono gli studenti della docente Roberta Rossi dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Rosa Luxemburg” di Bologna. 


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